«Non vedo che altri simili a me/ e forse è lì/ il nodo»: sono tra i primi versi che leggiamo in questa raccolta, in cui si aancano sapientemente impressioni di contatto o, al contrario, estraneità rispetto al paesaggio e al mondo esterno e intromissioni esperienziali consegnate a un dettato asciutto, parco di enfasi e di sentimentalismo. Ai frammenti di quotidianità si alternano così affondi lirici talvolta appena accennati, senza sovraccarico emozionale, che provocano un cortocircuito tra riflessione e descrizione. Il dialogo con l’altro da sé consiste in memorie personali e letterarie ma è
soprattutto spostamento, attraverso i luoghi e le diverse lingue adoperate (l’italiano, il francese e l’inglese), con un’assenza di ancoraggio e una fluidità tipica delle ultimissime generazioni (non solo in poesia). Il plurilinguismo direziona lo sguardo del soggetto verso un orizzonte incerto e indefinito (al di là degli elementi paratestuali), provocando un senso di “sospensione” in chi legge. La mancanza di ancoraggio territoriale, ma anche emotivo, conferisce al testo il valore di testimonianza sul nostro tempo e i sentimenti che ci sono più propri: «redenzioni di schegge/ a far nido al domani».
Roma, 8 aprile 2025
La Giuria
Daniela Attanasio, Graziano Graziani, Gilda Policastro