la notte è figlia mia
mio rame mio buco di pane
che risale la crosta dura della lingua
e migra spinge la sua serpe e cerca
la sua storia armata l’epoca curva
sul collo della specie
la notte è figlia mia
e parla dopo i morti da vicino
l’attimo prima che tutto verrà lavato
e diviso in coro principio e ciclo
e ogni silenzio raggiunto e perduto
finalmente
la notte è figlia mia
mio fianco diventato vermi barriere e anni
diventati popoli ininterrotti poi giudici
lividi e santi e maree inverni muri
e rimpianti
poi semplici panni case anelli croste di sangue
di latte di canti pregati sulla propria pelle
sull’odore del bene e del male nel vuoto dei letti
o nei resti di unghie pane e denti lasciati
a marcire ad aspettare i risorti