La gen Z conferma: la poesia si abbina bene al Gin Tonic

ROMA – Siamo al Pierrot le Fou, in un pub come tanti, ma qui ogni mese succede qualcosa di vagamente magico.
Tre ragazzi, tre libri sotto braccio: ognuno porta con sé i versi del suo autore preferito, li introduce brevemente e poi li condivide con un pubblico di coetanei. Si chiama La poeteria, e messa così, sembra quasi una specie di fagottata.

Avete presente quell’usanza molto antica di mangiare insieme portando ciascuno qualcosa? C’era chi portava l’abbacchio, chi la cicoria ripassata… Beh, questi ragazzi stranamente ben vestiti hanno invece scelto di mettere sul tavolo piccoli assaggi di buona poesia.
Come un bicchiere di vino offerto a un amico. Meglio, come un Gin Tonic. Ecco, la poesia si abbina bene al Gin Tonic, e non deve certamente spiegarcelo la gen Z.

È questo il cuore pulsante della serata: qui non si viene a “fare performance”, ma a offrire qualcosa agli altri. Raramente si sente dire “questo poeta scrive in endecasillabi”, ma sempre: “questa mi ha toccato, voglio farla sentire anche a voi”. C’è chi poi coglie l’occasione per raccontare qualcosa di suo, personale. Come Luisia, che vuole leggere Patrizia Cavalli perché l’ha trovata scritta su un muro in un momento difficile. Alessio, invece, porta Franco Arminio perché – udite udite – la madre ne va pazza (e lui non si capacita del perché).

Va così avanti da quattro anni. Anni burrascosi. Anni di guerre e certezze che si sgretolano. «Certe volte mi sembra di essere il meme di quel cane che continua a bere il caffè mentre intorno la cucina è in fiamme», dice il conduttore Valerio Santori, rifacendosi alla vignetta che per il Post descrive meglio di qualsiasi altra opera d’arte l’ultimo decennio (https://www.ilpost.it/2023/01/31/this-is-fine-meme-cane-kc-green/ ). «E però non trattiamo la poesia come un panda in via d’estinzione, non pensiamo di stare facendo chissà quale opera di carità… Forse per questo la gente ha continuato a partecipare».

Merito anche del Pierrot Le Fou, che a guardarlo bene non è proprio un pub come tanti, ma un delizioso salottino, strettamente legato alla storia e all’ascesa del Pigneto by night. Qui hanno iniziato a cantare, tra gli altri, nomi importanti della cosiddetta scena “indie” romana dell’ultimo decennio, da Calcutta a Gazzelle.

Come Cristiano, alla poeteria i ragazzi parlano di loro stessi usando le parole di tanti Cirano. Una sensazione comune all’esperienza poetica, forse la sua chiave più profonda.
Quante volte leggiamo un verso e ci accorgiamo che quel poeta, magari vissuto cento anni fa, sta dicendo esattamente quello che non sapevamo come dire? C’è chi legge per amore, anche. Chi perché si sente bloccato, chi solo per intrecciare la propria vita con quella di qualcun altro.

Ma è proprio per questo che, anche se tutto avviene a livello amatoriale, la cifra più importante della poeteria resta la divulgazione.
E se non lo riconosciamo immediatamente, è solo perché non abbiamo ancora pienamente compreso di quali sfumature si sia ormai adornata questa parola nel rinnovato vocabolario del mondo dei social / del social-mondo. Dove l’emozione e la condivisione sono sempre più importanti delle nozioni, e proprio la poesia, da tempo annoverata come la “più sfortunata” tra le arti, lascia perciò intravedere il potenziale più nascosto.