Lasciare spinge il mondo a sopravvivere.
L’età stanca ci fa custodi d’isole.
Senza dimenticare, tramandiamo
case e testamenti. Il buio deivecchi,
fitto e quieto, diverso dalla notte
scossa, ellittica, dei giovani. È il verbo
del funambolo, del tempo sospeso,
del grido che fa spazio alle abitudini.
Si lascia una città dopo la fine
della guerra. I discepoli lasciarono
Gerusalemme quando il fine e il compito
si unirono e il padre ebbe a sdegno il figlio.
È il verbo del taglio nella radice.
È l’acqua che vi sgorga e benedice.

(da Anfora clandestina, Dante & Descartes, 2024)