Noi creature baciate dall’insicurezza,
noi che piacciamo per la voce infantile,
i modi garbati, l’innocenza,
quando loro fanno di tutto per corromperci.
Noi a cui è richiesta eterna giovinezza,
serietà, sensualità, intelligenza, pazienza.
Noi viviamo in un paese di tiranni:
dobbiamo adularli, ingoiare, obbedire,
fingere di accontentarci di far loro da sfondo,
da cornice. Noi colonne che sogniamo di crollare
su una spalla. Noi, sempre ladre di successo.
Noi, portate per mano al bisbiglio fra di noi.
Noi incapaci di solidarietà, noi che ci temiamo
come possibili rivali, noi sole,
noi che non ci amiamo.
Noi dell’istinto, della facile emozione,
noi della terra, dell’amore totale, noi della casa.
Noi clessidre nelle quali la sabbia del tempo
tende ad accumularsi in basso. Noi che ringhiamo
in silenzio allo scadere del mese, ci tastiamo
addosso come miserabili, e piene di vergogna
ci chiediamo: perché l’ho fatto? Perché ho rischiato?
(da Aria di cerimonia, Galleria Centofiorini, 2000)