Brucia il giaciglio, che il fuoco palpiti
parli al tuo volto che incarna il doppio
– la maschera dell’eloquio! – in uno scoppio
di attimi fuggenti, di fuggiaschi strepiti.
Dipingi il ciglio erboso del bosco
preda della maschera del fuoco, stridii
di fiammei uccelli, attriti di rotaie
divelte. Bevi un sorso del liquido tosco.
La notte non conosce il canto degli uccelli.
Sul ramo più alto quando la tenebra è più fitta
molto prima che la pioggia avvolga l’albero,
io sono io e gli uccelli sono i miei orpelli.
La notte, sorella dello Stige, i miei anelli
prendono fuoco e oscurità, i cigni dormono
al candore della Balena che non verrà.
La notte, gemella del fuoco e dell’oscurità.
Dodici re Tolomei assorti nel trono
di quarzo osservano gli uccellini svolazzanti
impressi nel papiro accanto ad agavi ed acanti.
Dietro il sipario della tua sinopia v’è un mare
di distanza, gli archetipi di tre re
incoronati che blaterano il nulla.
Dietro ogni re vi sono tre vascelli.
Questo è il geroglifico della vita,
il criptogramma del canto degli uccelli.
(da Uccelli, Scettro del Re, 1992)