Riponi la paura in una estremità del giorno,
piegala con cura sette volte e poi nascondila
in un qualsiasi punto del lunario, aperto a caso
senza occhi, accetta in sorte vento opioggia,
il mutamento della luce, l’alternanza delle stagioni.
Attendi la fioritura propiziante del tarassaco,
esprimi un desiderio e quando è ora soffia forte
sulla sua testa fino a farla diventare glabra,
finché ogni seme si congedi e prenda quota.
Nella fenditura che attraversa lunga lo stelo
del tuo corpo – la crepa madre che filtra sole
e ombra – pianta uno sguardo vulnerabile,
accetta il lutto delle cose che si trasformano,
l’immedicabile abbandono del tuo volto.

(da Treceri|Passaggi, plaquette bilingue romeno-italiano, Editura Cosmopoli, 2023, traduzione di Eliza Macadan)